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Curare la relazione di cura
Data evento: 02/12/2017
Orari: 10:00 - 17:00
Luogo evento: Casa della Psicologia - piazza Castello 2, Milano
Organizzato da: I&G Management
Stressati, insoddisfatti, esauriti, affaticati, irritabili, apatici, disillusi: è il quadro che emerge da alcune ricerche che vedono in costante aumento il numero dei medici che soffrono della ormai tristemente nota sindrome del burnout, con esaurimento fisico ed emotivo, calo della realizzazione personale e disinteresse per il proprio lavoro. Questa “epidemia” ha cause varie e complesse, ma appare chiaro che il benessere del medico è indissolubilmente legato a quello del paziente.
La professione medica è profondamente cambiata negli ultimi decenni: il medico moderno sta progressivamente perdendo parte del suo prestigio e della sua autonomia, mentre si carica di nuove e differenti responsabilità: deve occuparsi di gestione delle risorse e contenimento dei costi, conformarsi a linee guida, protocolli e alberi decisionali: è sommerso dalla burocrazia.
Il rapporto coi pazienti, prima fonte di gratificazione, è gravato da una progressiva sfiducia e diffidenza. I pazienti, sempre più “utenti-consumatori”, non si pongono più come persone bisognose di aiuto, ma come acquirenti di una prestazione, spesso dopo aver consultato l’onnipresente “dottor Google”. Questa situazione rischia di minare alla radice la relazione medico-paziente, genera incomprensioni e aspettative irrealistiche con un conseguente aumento di conflittualità e contenziosi civili che non ha precedenti nella storia della medicina. La relazione medico-paziente si è progressivamente “ammalata” e il continuo e sempre crescente numero di denunce a carico dei medici ne è la prova più tangibile.
Occorre quindi “curare” la relazione di cura, recuperando l’antica saggezza di Ippocrate secondo cui “il tocco, il rimedio e la parola” erano i tre elementi indispensabili dell’agire del medico.
In un’epoca in cui il “rimedio” sta diventando sempre più raffinato e tecnologico, i medici rischiano di dimenticare che la capacità di relazionarsi in maniera efficace con il paziente e il personale sanitario in generale è una parte centrale della loro professione. Difatti, che ne siano consapevoli o meno, i medici si trovano quotidianamente a dover gestire non solo le convinzioni ma soprattutto le emozioni che i pazienti e i loro familiari portano negli ambulatori. Emozioni che raramente vengono dichiarate, ma sono inevitabilmente agite, finendo per influenzare pesantemente non solo il dialogo, ma anche le scelte del paziente e addirittura la sua aderenza terapeutica. Allo stesso modo, anche le emozioni sperimentate dagli stessi medici finiscono per condizionare la qualità delle loro relazioni e il benessere di tutti gli attori coinvolti. Se queste non vengono riconosciute, comprese e utilizzate, oltre al benessere soggettivo diminuisce drasticamente la capacità di porsi in relazione con gli altri in maniera costruttiva.
La professione medica non può più ignorare la dimensione relazionale della cura o considerarla una mera “abilità accessoria” legata agli aspetti meno importanti del proprio lavoro. Riconoscere le proprie emozioni, essere consapevoli delle proprie reazioni comportamentali, saper comunicare in modo strategico e gestire le resistenze del paziente sono tutti elementi che consentono di:
• Aumentare l’efficacia dell’intervento medico, ottimizzando la compliance del paziente e determinando così un impatto positivo sulla sua soddisfazione e sulla sua salute.
• Ridurre i conflitti con i pazienti, i colleghi e gli altri operatori sanitari, permettendo una migliore gestione delle relazioni e, in caso di errori, diminuendo il rischio di denunce e contenziosi legali.
• Ridurre il rischio di insorgenza della sindrome del burnout, aumentando il senso di efficacia e di gratificazione del medico e restituendogli il potere di curare, che non è solo guarire e sanare, ma anche assistere, provvedere e occuparsi.
per informazioni e iscrizioni (fino al raggiungimento di 80 posti disponibili):
www.igmanagement.it
info@igmanagement.it
Orari: 10:00 - 17:00
Luogo evento: Casa della Psicologia - piazza Castello 2, Milano
Organizzato da: I&G Management
Stressati, insoddisfatti, esauriti, affaticati, irritabili, apatici, disillusi: è il quadro che emerge da alcune ricerche che vedono in costante aumento il numero dei medici che soffrono della ormai tristemente nota sindrome del burnout, con esaurimento fisico ed emotivo, calo della realizzazione personale e disinteresse per il proprio lavoro. Questa “epidemia” ha cause varie e complesse, ma appare chiaro che il benessere del medico è indissolubilmente legato a quello del paziente.
La professione medica è profondamente cambiata negli ultimi decenni: il medico moderno sta progressivamente perdendo parte del suo prestigio e della sua autonomia, mentre si carica di nuove e differenti responsabilità: deve occuparsi di gestione delle risorse e contenimento dei costi, conformarsi a linee guida, protocolli e alberi decisionali: è sommerso dalla burocrazia.
Il rapporto coi pazienti, prima fonte di gratificazione, è gravato da una progressiva sfiducia e diffidenza. I pazienti, sempre più “utenti-consumatori”, non si pongono più come persone bisognose di aiuto, ma come acquirenti di una prestazione, spesso dopo aver consultato l’onnipresente “dottor Google”. Questa situazione rischia di minare alla radice la relazione medico-paziente, genera incomprensioni e aspettative irrealistiche con un conseguente aumento di conflittualità e contenziosi civili che non ha precedenti nella storia della medicina. La relazione medico-paziente si è progressivamente “ammalata” e il continuo e sempre crescente numero di denunce a carico dei medici ne è la prova più tangibile.
Occorre quindi “curare” la relazione di cura, recuperando l’antica saggezza di Ippocrate secondo cui “il tocco, il rimedio e la parola” erano i tre elementi indispensabili dell’agire del medico.
In un’epoca in cui il “rimedio” sta diventando sempre più raffinato e tecnologico, i medici rischiano di dimenticare che la capacità di relazionarsi in maniera efficace con il paziente e il personale sanitario in generale è una parte centrale della loro professione. Difatti, che ne siano consapevoli o meno, i medici si trovano quotidianamente a dover gestire non solo le convinzioni ma soprattutto le emozioni che i pazienti e i loro familiari portano negli ambulatori. Emozioni che raramente vengono dichiarate, ma sono inevitabilmente agite, finendo per influenzare pesantemente non solo il dialogo, ma anche le scelte del paziente e addirittura la sua aderenza terapeutica. Allo stesso modo, anche le emozioni sperimentate dagli stessi medici finiscono per condizionare la qualità delle loro relazioni e il benessere di tutti gli attori coinvolti. Se queste non vengono riconosciute, comprese e utilizzate, oltre al benessere soggettivo diminuisce drasticamente la capacità di porsi in relazione con gli altri in maniera costruttiva.
La professione medica non può più ignorare la dimensione relazionale della cura o considerarla una mera “abilità accessoria” legata agli aspetti meno importanti del proprio lavoro. Riconoscere le proprie emozioni, essere consapevoli delle proprie reazioni comportamentali, saper comunicare in modo strategico e gestire le resistenze del paziente sono tutti elementi che consentono di:
• Aumentare l’efficacia dell’intervento medico, ottimizzando la compliance del paziente e determinando così un impatto positivo sulla sua soddisfazione e sulla sua salute.
• Ridurre i conflitti con i pazienti, i colleghi e gli altri operatori sanitari, permettendo una migliore gestione delle relazioni e, in caso di errori, diminuendo il rischio di denunce e contenziosi legali.
• Ridurre il rischio di insorgenza della sindrome del burnout, aumentando il senso di efficacia e di gratificazione del medico e restituendogli il potere di curare, che non è solo guarire e sanare, ma anche assistere, provvedere e occuparsi.
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