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Psicologia Attuale
Torna alle altre cartolineViolenza assistita
La violenza assistita è una violenza silenziosa, difficile da raccontare, che lascia ferite all’apparenza poco visibili ma molto profonde. “Per violenza assistita si intende l’esperire da parte del bambino/a qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative adulte o minori” (Definizione proposta nel 1999 dal Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia Cismai). . Il bambino può farne esperienza sia direttamente –quando avviene nel suo campo percettivo – sia indirettamente, quando il minore è a conoscenza della violenza, oppure anche solo percependone gli effetti.
I bambini vittime di violenza assistita sono testimoni involontari di aggressività, violenza, brusche separazioni e manipolazioni: tutto ciò viola il diritto di vivere un’infanzia serena e non permette di ricevere le giuste attenzioni e risposte ai bisogni. Assistere ad atti violenti, rivolti alla mamma e a altre figure familiari di riferimento, produce sui bambini un impatto catastrofico, di tipo fisico, morale e psicologico (disturbi alimentari, ansia, aggressività, disturbi nell’apprendimento e condotte antisociali), con ripercussioni che possono durare tutta la vita.
I danni provocati dalla violenza assistita inficiano, tra l’altro, le capacità relazionali del minore verso i coetanei e gli adulti, nonché il corretto sviluppo di una personalità sana e in grado di muoversi adeguatamente in un contesto sociale. Nel lungo periodo, si assiste anche a un elevato rischio di riproducibilità della violenza, ovvero di sviluppare comportamenti violenti in età adulta e l’eventualità che le bambine possano diventare a loro volta donne vittime di violenza è alta.
Onde evitare che questo accada, diventa fondamentale costruire con il bambino un percorso verso la Resilienza: la manifestazione di un adattamento positivo, nonostante condizioni esistenziali avverse. “La possibilità di trasformare un evento critico e destabilizzante in motore di ricerca personale è ciò che ha permesso alle comunità, ai gruppi umani e alle persone di riorganizzare positivamente la loro vita di fronte a traumi e tragedie. Questo può avvenire attraverso l’avvio di un progetto di vita capace di integrare le luci con le ombre e la sofferenza con la forza” (Cyrulinik e Malagutti 2005) .
Lo psicologo interviene nell’individuazione dei segnali di malessere, nella valutazione del quadro complessivo della situazione traumatica, nell’intervento terapeutico, tanto nel minore tanto nel nucleo familiare.
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I bambini vittime di violenza assistita sono testimoni involontari di aggressività, violenza, brusche separazioni e manipolazioni: tutto ciò viola il diritto di vivere un’infanzia serena e non permette di ricevere le giuste attenzioni e risposte ai bisogni. Assistere ad atti violenti, rivolti alla mamma e a altre figure familiari di riferimento, produce sui bambini un impatto catastrofico, di tipo fisico, morale e psicologico (disturbi alimentari, ansia, aggressività, disturbi nell’apprendimento e condotte antisociali), con ripercussioni che possono durare tutta la vita.
I danni provocati dalla violenza assistita inficiano, tra l’altro, le capacità relazionali del minore verso i coetanei e gli adulti, nonché il corretto sviluppo di una personalità sana e in grado di muoversi adeguatamente in un contesto sociale. Nel lungo periodo, si assiste anche a un elevato rischio di riproducibilità della violenza, ovvero di sviluppare comportamenti violenti in età adulta e l’eventualità che le bambine possano diventare a loro volta donne vittime di violenza è alta.
Onde evitare che questo accada, diventa fondamentale costruire con il bambino un percorso verso la Resilienza: la manifestazione di un adattamento positivo, nonostante condizioni esistenziali avverse. “La possibilità di trasformare un evento critico e destabilizzante in motore di ricerca personale è ciò che ha permesso alle comunità, ai gruppi umani e alle persone di riorganizzare positivamente la loro vita di fronte a traumi e tragedie. Questo può avvenire attraverso l’avvio di un progetto di vita capace di integrare le luci con le ombre e la sofferenza con la forza” (Cyrulinik e Malagutti 2005) .
Lo psicologo interviene nell’individuazione dei segnali di malessere, nella valutazione del quadro complessivo della situazione traumatica, nell’intervento terapeutico, tanto nel minore tanto nel nucleo familiare.
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