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Il Ruolo Terapeutico - Scuola di Formazione Psicoanalitica
Orientamento teorico-scientifico e clinico
Bibliografia
Docenti
Organizzazione della didattica
Piano di studi
Informazioni pratiche e organizzative
Supervisione, formazione esperienziale e tirocini
Orientamento teorico-scientifico e clinico
1. Missione del Ruolo Terapeutico
Essere indipendenti ed avere un punto di riferimento proprio in relazione all’etica ed alla pratica della relazione di aiuto e della psicoterapia.
2. Teoria del Ruolo Terapeutico
Siamo riconoscenti verso tutti coloro che ci hanno preceduto e arricchito con il loro pensiero e la loro esperienza. Tuttavia consideriamo importante non rimanere ingabbiati in un pensiero e in un metodo altrui.
La nostra Scuola attinge dai diversi orientamenti psicoanalitici, ma ritiene scientificamente ed eticamente corretto evitare a tutti i costi convergenze o denominatori comuni. La nostra teoria ricerca la coerenza nella pratica clinica.
Io concepisco il Ruolo Terapeutico come una specie di fucina, di laboratorio, dove si teorizzano e
sperimentano idee e pratiche psicoterapeutiche senza preclusioni dogmatiche o di scuola”.
(Paolo Migone, Intervento pubblicato sulla rivista "Il Ruolo Terapeutico", 1992, 61: 39-40, in occasione del Ventesimo Anniversario della fondazione della rivista")
3. Teorie di riferimento
La nostra prospettiva teorica, pur partendo dagli scritti di S. Freud, pone enfasi sugli aspetti relazionali sia nella formazione della persona, sia nella tecnica terapeutica ed integra i contributi di una vasta gamma di scuole e di autori. Il nostro metodo accentua l’importanza delle relazioni oggettuali, formando terapeuti che lavorano con un approccio meno nosografico e più interpersonale rispetto al modello classico pulsionale della psicoanalisi ortodossa. Utilizziamo, cioè, uno stile dialogico e intersoggettivo.
I nostri maestri:
Johannes Cremerius. Nel 1968 un gruppo di psicoanalisti milanesi, parte dei quali diede successivamente vita alla rivista Il Ruolo terapeutico, iniziò a riunirsi col Prof. Cremerius per discutere di casi clinici. Attraverso la sua “Lezione magistrale”, Cremerius, ha saputo mostrare il processo analitico in tutte le sue fasi, attraverso una metodologia molto precisa, in un clima di profonda comprensione emotiva del paziente, e di grande consapevolezza circa il proprio “bisogno” di aiutarlo. Ha indicato, ad esempio, l’utilità di interrogare le fantasie e gli eventuali sogni del terapeuta prima di iniziare una nuova terapia, a sostegno del fatto che i suoi sentimenti e le sue emozioni non sono solamente quelli indotti dal paziente ma anche quelli riferentesi ad un vero e proprio transfert del terapeuta stesso. Cremerius ha svelato il volto umano della psicoanalisi, l’ha smitizzata e riavvicinata a molti che prima (ad esempio gli operatori dei servizi) se ne sentivano respinti.
Pier Francesco Galli. La nostra gratitudine per lui va oltre quel sentimento di riconoscenza per chi ha ricoperto pazientemente e affettuosamente il ruolo di Maestro; parte di questa gratitudine è suscitata dalla figura pubblica di Galli, dal suo impegno culturale, scientifico e professionale giocato nell’ambito della “politica” psicoanalitica contemporanea. Si può dire che le radici culturali de Il Ruolo Terapeutico nascano proprio dall’esperienza del Gruppo Milanese per lo sviluppo della Psicoterapia, formalizzato da Galli nel 1962.
Enzo Codignola. Psichiatra e psicoanalista formatosi presso il prestigioso istituto di Kreuzlingen, scomparso prematuramente, ci ha lasciato un’opera di importanza davvero fondamentale. Ci riferiamo a “Il Vero e il Falso”. In essa Codignola affronta con estremo rigore metodologico il tema della struttura logica del processo interpretativo facendo emergere i connotati logici dell’interpretazione senza ricorrere ad alcuna metateoria.
Giambattista Muraro. Formatosi a Basilea e a Zurigo con P. Sarasin (Presidente della Società psicoanalitica Svizzera, formatosi a sua volta direttamente con S.Freud) e con M. Boss anch’egli allievo di Freud, attraverso la sua originalissima opera “Sorpresa ed enigma” esplora ciò che può essere definito effettivamente come metodo analitico. Questa ambiziosa ricerca di purezza conduce a teorizzare un modello di pratica analitica i cui standard (capacità dell’analista ed efficacia della terapia) sono portati ai massimi livelli.
Sergio Erba. Fondatore de Il Ruolo Terapeutico, nel corso di una quarantennale attività di psicoanalista e di formatore ha teorizzato un’organica concettualizzazione della prassi psicoanalitica. Tale formulazione fa da sfondo a gran parte della costruzione teorica della Scuola.
Struttura e processo, ruolo e funzione, asimmetria dei ruoli e reciprocità di persone, responsabilità e libertà della persona, “cinquanta e cinquanta” costituiscono le coordinate di una vicenda intersoggettiva, quella analitica, che diventa prassi rigorosa attraverso quegli elementi strutturali (ruolo del terapeuta, setting, principii) che fanno da riferimento precostituito e stabile alla terapia stessa.
La dialettica tra domanda e risposta, la distinzione tra l’obbligo di cura e l’obbligo di risposta, la risposta sulla domanda e non alla domanda… tutto ciò comporta una raffinata competenza terapeutica il cui scopo è quello di aiutare il paziente a riconoscersi soggetto di una domanda e non solo portatore di un bisogno.
Pierluigi Sommaruga. Cofondatore de Il Ruolo Terapeutico, scrive: “Ritengo che elementi transferali siano comunque sempre presenti in ciascuno di noi e che si riattualizzino in ogni relazione quotidiana, ma che solo nel processo analitico vi sia la possibilità, per le caratteristiche del setting e per la competenza del terapeuta, di dar loro un senso conducendoli così a risoluzione”.
Correnti di pensiero:
La scuola britannica delle relazioni oggettuali, con Winnicott e Fairbairn in special modo, una teoria che muove dalla famosa affermazione di quest’ultimo “La libido non è primariamente orientata alla ricerca del piacere ma alla ricerca dell’oggetto.“
La psicoanalisi relazionale,corrente psicoanalitica nata negli Stati Uniti con, fra gli altri, Sullivan, Fromm e, in particolare, il lavoro di Stephe n Mitchell e la sua definizione ”Un modello relazionale che considera le relazioni con gli altri, e non le pulsioni, l’elemento fondamentale della vita mentale“.
La teoria dell’attaccamento che prende le mosse dai lavori di John Bowlby per il quale nell’infanzia il conseguimento del piacere non avviene attraverso una scarica pulsionale, ma attraverso affetto, amore, protezione, prossimità, cura.
La Psicologia del Sé di Heinz Kohut che, nella centralità data al tema del narcisismo, considerava lo sviluppo e il mantenimento dell’autostima e dell’autocoesione più importanti di sessualità e aggressività.
“L’Orientamento relazionale”, come insieme organizzatore di queste diverse teorie, è il nome proposto da J. R. Greenberg e S. A. Mitchell nel loro libro “Le relazioni oggettuali nella teoria psicoanalitica” (Ed. Il Mulino, 1986) che insieme con l’altro scritto di Mitchell “Gli orientamenti relazionali in psicoanalisi per un modello integrato” (Ed. Bollati Boringhieri, 1993), costituisce un punto di riferimento fondamentale per comprendere le basi teorico-tecniche di questa prospettiva.
La Psicoterapia esistenziale, nella concettualizzazione di Irvin D. Yalom, come approccio dinamico focalizzato sulle preoccupazioni ultime radicate nell’esistenza dell’individuo: la morte, la libertà, l’isolamento e l’assenza di senso.
4. Unicità della persona
Per noi dire persona è dire unicità, indivisibilità, libertà, responsabilità, volontà. É anche dire pensiero, spirito, anima. È dire di un fine, non di un mezzo, di un’entità che permane identica nella complessità, nella mutevolezza, nel cambiamento. È un’entità che si sottrae a qualsiasi definizione chiusa, concreta, dimostrabile e argomentabile non solo con il linguaggio scientifico ma, anche, con quello filosofico. La persona afferma la sua unicità anche attraverso il problema clinico che porta.
- SINTOMO: è considerabile come “segno” che esprime autenticità e soggettività; Il sintomo è una modalità di comunicazione, una comunicazione simbolica che ha un senso in riferimento al disturbo che nasce dal conflitto tra i desideri del soggetto e i desideri degli altri. La malattia come forma di soggettività (F. Fornari: Scritti scelti, Ed. Raffaelo Cortina, 2011).
- DIAGNOSI: Diagnosi come comprensione del problema clinico che ci troviamo davanti; diagnosi come riconoscimento delle trame co-transferali in cui sono intrecciati paziente e curante; diagnosi come capacità di ascoltare, cogliere e capire la domanda del paziente, sia sul piano lessicale, che su quello più profondo (E. Santirocco, Il problema della diagnosi nella terapia psicoanalitica).
5. Unicità del terapeuta
Fondiamo la figura del terapeuta prima di tutto sul suo statuto di persona. Per questo il terapeuta, per noi, dovrebbe saper svolgere e vivere il suo lavoro con spirito non specialistico, evitando chiusure e atteggiamenti di enfatizzazione delle differenze e delle diversità oltre il necessario e l’inevitabile. Pensiamo che in fatto di tecnica, teoria e metodo, ogni terapeuta debba umilmente costruirsi la propria unica posizione.
In estrema sintesi: nel mettere in atto una condotta terapeutica finalizzata alla salute del paziente, il terapeuta può contare solo su se stesso nello scegliere ogni volta tra risposta buona o cattiva, giusta o ingiusta, sana o malata. In questo consiste la sua responsabilità, in questo consiste la testimonianza offerta al paziente per promuovere in lui un’analoga capacità. Lo status del terapeuta viene radicalmente cambiato, dovendo egli trasferire e applicare a se stesso, anziché all’altro, tutto ciò che intendiamo per cura. (S. Erba, La struttura della relazione terapeutica)
6. Unicità della relazione
Crediamo che il processo di conoscenza in analisi derivi dall’effetto creativo che prende vita dall’incontro tra il terapeuta e il paziente e non dal sapere dell’analista sul paziente. La diade terapeutica si definisce quindi in termini intersoggettivi che assegnano un carattere di reciprocità e di unicità al processo terapeutico, prevalentemente inconscio, nel quale entrambi i partecipanti sono sempre coinvolti e in influenza reciproca. Quindi la terapia si configura essenzialmente quale storia di una relazione, di un lavoro a due in cui si costruisce e si narra insieme.
- FIFTY-FIFTY: Questo intendo per fifty-fifty, che gli ambiti di responsabilità del terapeuta e del paziente siano definiti sulla base della parità e della reciprocità che intercorre tra gli esseri umani considerati persone, la cui unicità, originalità. Irripetibilità, ciò che li differenzia dall’essere solo individui e soggetti, è il fatto di essere titolari liberi ed esclusivi della responsabilità delle proprie intenzioni e delle proprie scelte rispetto a tutto quanto concerne la realizzazione dei propri bisogni e dei propri desideri (S. Erba, Fifty Fifty e la questione della diagnosi)
- SIMMETRIA / ASIMMETRIA: Le relazioni terapeutiche si svolgono all’insegna dell’asimmetria di ruolo e della reciprocità e pariteticità umana delle persone che vi sono coinvolte. Terapeuta e paziente condividono lo status di persone, e tutte le differenze di natura oggettiva e soggettiva che intercorrono tra di loro (l’età, il grado di maturazione umana, il livello di sofferenza, i valori di riferimento, ecc.) non intaccano il principio della parità e della reciprocità in fatto di libertà e responsabilità di sé. Ciò che differenzia le due figure è la posizione occupata: d’autorità quella del terapeuta, di bisogno, di richiesta d’aiuto, di dipendenza, quella del paziente. Come su un piano inclinato è la differenza di livello a determinare il movimento di un oggetto così il processo (la vita, l’apertura, il movimento) della relazione terapeutica è tenuto vivo dal dislivello dei due ruoli (con la differenza che nella relazione terapeutica il movimento è dal basso verso l’alto). (S. Erba, La struttura della relazione terapeutica)
7. Libertà e responsabilità del paziente
La libertà di portare la propria la domanda ad un terapeuta non rende delegabile la responsabilità del paziente rispetto a Sé, alla propria vita, alla cura del proprio funzionamento personale e alla ricerca di se stesso, neppure durante il precorso terapeutico.
La domanda di aiuto va considerata malata per definizione. Il fatto stesso di attribuire a un altro (il terapeuta) la competenza sulla propria vita e sulla propria salute indica la “malattia” del paziente. Rispondendo (accogliendolo) a questo investimento illusorio ed entrando in relazione col paziente, il terapeuta lo accompagnerà a riconoscere le vicende profonde e antiche che hanno prodotto questa malattia, a riconciliarsi con esse e ad accettare realisticamente i limiti e le potenzialità del presente. La domanda viene prima della risposta; domanda e risposta stanno in rapporto fifty-fifty; la risposta è sulla domanda, non alla domanda. ( Erba, La struttura della relazione terapeutica)
8. Libertà e responsabilità del terapeuta
Alla fine del suo percorso formativo il ruolo di curante che il terapeuta assumerà sarà espressione di responsabilità e libertà perché, oltre ad essere una risposta a esigenze oscure e profonde legate alla propria storia personale, sarà anche, e soprattutto, un atto di autonomia e di autolegittimazione pienamente cosciente e intenzionale. Dall’assunzione del ruolo di terapeuta conseguono l’assunzione delle responsabilità implicite nel ruolo stesso, degli attributi e delle funzioni a esso riferibili.
ALCUNI ATTRIBUTI DI RUOLO
- Positività: Il terapeuta svolge una funzione intrinsecamente “ottimistica”;
- Autorità e autorevolezza: capacità accrescitiva che implica consensualità, e diversa dal potere prevaricante;
- Parentalità: il rapporto terapeuta-paziente richiama quello genitore-figlio;
- Adultità: si riferisce all’asimmetria dei ruoli occupati da terapeuta e paziente, che rimangono simmetrici, tuttavia, su un piano interpersonale (vedi approfondimento SIMMETRIA/ASIMMETRIA);
9. Cura della persona
Crediamo che la cura della persona si realizzi dando un senso all'angoscia esistenziale che ci accompagna dalla nascita. Tutto il nostro comportamento, le nostre scelte, le nostre idiosincrasie, le nostre nevrosi, ansie e fobie costituiscono la risposta reattiva all’angoscia primaria, comprese la scienza, l’arte, la religione e la filosofia. La psicoterapia avvia un percorso relazionale che induce il paziente a essere curioso di se stesso per arrivare a sviluppare una propria visione esistenziale, per soggettivarsi, per riconoscere dentro di sé le proprie potenzialità e realizzarle.
- CHE COS’E’ L’ANGOSCIA: L’angoscia è lo stato affettivo primario che segnala il nostro arrivo in questo mondo. La sofferenza del vivere, attraverso il susseguirsi di eventi drammatici (lutti, carenze affettive, traumi), riattiva la sensazione primaria di essere impreparati e abbandonati alla vita. E ciò può indurre uno stato di disperazione che spinge a ricercare lo stato di pace che la precedeva. In tutto ciò, la psicoterapia vuole alleviare l’eccessiva angoscia primaria, orientando l’energia vitale nella direzione dell’adattamento alla realtà, al presente, al qui e ora; permettendo all’Io di vivere l’attesa del ritorno allo stato originario in compagnia di un soddisfacente e personale senso esistenziale. L'angoscia è una conseguenza della nostra condizione biologica: è data dalla coscienza di essere vivi e non può essere placata con una risposta rintracciabile nella biologia. Non si può rispondere all'angoscia propria della coscienza umana facendo ricorso a quelle contromisure che sarebbero sensate a livello biologico. Sostanzialmente l'angoscia consiste nel fatto che si diventa coscienti della propria esistenza terrena e non si ha nessuna sicurezza definitiva sul piano biologico. La consapevolezza fa saltare tutto il quadro delle limitate sicurezze dell'esistenza e apre un campo di infinitezza. Proprio questo è il motivo per cui, per superare l'angoscia, la coscienza umana non avrà che il campo dell'infinito.
- LA CURA DELL’ANGOSCIA: La psicoterapia si propone di alleviare l’eccessiva angoscia esistenziale, accompagnando la persona sofferente ad un progressivo adattamento alla vita, accettandone i limiti e accogliendone le possibilità. Si può superare l’angoscia solo sentendosi responsabili della propria esistenza, importanti per il mondo, in contatto con le parti più profonde della propria psiche, attraverso una forma di incontro, la terapia appunto, che consenta di ritrovarsi e rigenerarsi dall’interno.
10. Cura del terapeuta
Medice cura te ipsum. Consideriamo la pratica della cura come una pratica etica, per questo poniamo l’attenzione soprattutto sulla persona del terapeuta. Riteniamo infatti che non si possa aiutare il paziente senza uno spazio di continua cura del terapeuta. Questo spazio è rappresentato dalla formazione continua, dalla supervisione e dall’analisi personale.
- LA FORMAZIONE PSICOANALITICA, UNA CURA SENZA FINE: Nel rapporto coi “maestri" ai quali si rivolge per imparare il mestiere, il terapeuta viene gradualmente aiutato a capire l’illusorietà del progetto di curare gli altri, e la praticabilità di un percorso finalizzato al riappropriamento di quella capacità di amore adulto, genitale, amore che genera e fa crescere, che nella sua personale vicenda di vita era stato limitato o compromesso. È questa capacità di curare noi stessi che rappresentiamo e testimoniamo nello svolgimento delle nostre relazioni terapeutiche. Si tratta di una cura senza fine, non solo perché non esiste un limite al perfezionamento e all'accrescimento delle proprie capacità di amore, ma anche perché queste capacità sono messe a dura prova dai bisogni dei pazienti, che ci sottopongono a lusinghe e pressioni molto forti per spostarci dal nostro ruolo e trascinarci sul terreno della loro follia. Questa cura è la formazione psicoanalitica, e si capisce perché è interminabile. (La formazione psicoanalitica, Rivista italiana di gruppo analisi, n.2, 2000)
- ANALISI PERSONALE, LA NOSTRA POSIZIONE: Nelle relazioni d’aiuto la capacità professionale è in stretto rapporto con la condizione di benessere ed equilibrio psichico del terapeuta. Essendo risaputo che le ragioni profonde della scelta professionale di fare il terapeuta possono essere legate a carenze e disfunzioni affettive personali, riteniamo fondamentale stimolare la nascita della domanda di un’esperienza analitica personale come parte integrante del percorso formativo.
Essere indipendenti ed avere un punto di riferimento proprio in relazione all’etica ed alla pratica della relazione di aiuto e della psicoterapia.
2. Teoria del Ruolo Terapeutico
Siamo riconoscenti verso tutti coloro che ci hanno preceduto e arricchito con il loro pensiero e la loro esperienza. Tuttavia consideriamo importante non rimanere ingabbiati in un pensiero e in un metodo altrui.
La nostra Scuola attinge dai diversi orientamenti psicoanalitici, ma ritiene scientificamente ed eticamente corretto evitare a tutti i costi convergenze o denominatori comuni. La nostra teoria ricerca la coerenza nella pratica clinica.
Io concepisco il Ruolo Terapeutico come una specie di fucina, di laboratorio, dove si teorizzano e
sperimentano idee e pratiche psicoterapeutiche senza preclusioni dogmatiche o di scuola”.
(Paolo Migone, Intervento pubblicato sulla rivista "Il Ruolo Terapeutico", 1992, 61: 39-40, in occasione del Ventesimo Anniversario della fondazione della rivista")
3. Teorie di riferimento
La nostra prospettiva teorica, pur partendo dagli scritti di S. Freud, pone enfasi sugli aspetti relazionali sia nella formazione della persona, sia nella tecnica terapeutica ed integra i contributi di una vasta gamma di scuole e di autori. Il nostro metodo accentua l’importanza delle relazioni oggettuali, formando terapeuti che lavorano con un approccio meno nosografico e più interpersonale rispetto al modello classico pulsionale della psicoanalisi ortodossa. Utilizziamo, cioè, uno stile dialogico e intersoggettivo.
I nostri maestri:
Johannes Cremerius. Nel 1968 un gruppo di psicoanalisti milanesi, parte dei quali diede successivamente vita alla rivista Il Ruolo terapeutico, iniziò a riunirsi col Prof. Cremerius per discutere di casi clinici. Attraverso la sua “Lezione magistrale”, Cremerius, ha saputo mostrare il processo analitico in tutte le sue fasi, attraverso una metodologia molto precisa, in un clima di profonda comprensione emotiva del paziente, e di grande consapevolezza circa il proprio “bisogno” di aiutarlo. Ha indicato, ad esempio, l’utilità di interrogare le fantasie e gli eventuali sogni del terapeuta prima di iniziare una nuova terapia, a sostegno del fatto che i suoi sentimenti e le sue emozioni non sono solamente quelli indotti dal paziente ma anche quelli riferentesi ad un vero e proprio transfert del terapeuta stesso. Cremerius ha svelato il volto umano della psicoanalisi, l’ha smitizzata e riavvicinata a molti che prima (ad esempio gli operatori dei servizi) se ne sentivano respinti.
Pier Francesco Galli. La nostra gratitudine per lui va oltre quel sentimento di riconoscenza per chi ha ricoperto pazientemente e affettuosamente il ruolo di Maestro; parte di questa gratitudine è suscitata dalla figura pubblica di Galli, dal suo impegno culturale, scientifico e professionale giocato nell’ambito della “politica” psicoanalitica contemporanea. Si può dire che le radici culturali de Il Ruolo Terapeutico nascano proprio dall’esperienza del Gruppo Milanese per lo sviluppo della Psicoterapia, formalizzato da Galli nel 1962.
Enzo Codignola. Psichiatra e psicoanalista formatosi presso il prestigioso istituto di Kreuzlingen, scomparso prematuramente, ci ha lasciato un’opera di importanza davvero fondamentale. Ci riferiamo a “Il Vero e il Falso”. In essa Codignola affronta con estremo rigore metodologico il tema della struttura logica del processo interpretativo facendo emergere i connotati logici dell’interpretazione senza ricorrere ad alcuna metateoria.
Giambattista Muraro. Formatosi a Basilea e a Zurigo con P. Sarasin (Presidente della Società psicoanalitica Svizzera, formatosi a sua volta direttamente con S.Freud) e con M. Boss anch’egli allievo di Freud, attraverso la sua originalissima opera “Sorpresa ed enigma” esplora ciò che può essere definito effettivamente come metodo analitico. Questa ambiziosa ricerca di purezza conduce a teorizzare un modello di pratica analitica i cui standard (capacità dell’analista ed efficacia della terapia) sono portati ai massimi livelli.
Sergio Erba. Fondatore de Il Ruolo Terapeutico, nel corso di una quarantennale attività di psicoanalista e di formatore ha teorizzato un’organica concettualizzazione della prassi psicoanalitica. Tale formulazione fa da sfondo a gran parte della costruzione teorica della Scuola.
Struttura e processo, ruolo e funzione, asimmetria dei ruoli e reciprocità di persone, responsabilità e libertà della persona, “cinquanta e cinquanta” costituiscono le coordinate di una vicenda intersoggettiva, quella analitica, che diventa prassi rigorosa attraverso quegli elementi strutturali (ruolo del terapeuta, setting, principii) che fanno da riferimento precostituito e stabile alla terapia stessa.
La dialettica tra domanda e risposta, la distinzione tra l’obbligo di cura e l’obbligo di risposta, la risposta sulla domanda e non alla domanda… tutto ciò comporta una raffinata competenza terapeutica il cui scopo è quello di aiutare il paziente a riconoscersi soggetto di una domanda e non solo portatore di un bisogno.
Pierluigi Sommaruga. Cofondatore de Il Ruolo Terapeutico, scrive: “Ritengo che elementi transferali siano comunque sempre presenti in ciascuno di noi e che si riattualizzino in ogni relazione quotidiana, ma che solo nel processo analitico vi sia la possibilità, per le caratteristiche del setting e per la competenza del terapeuta, di dar loro un senso conducendoli così a risoluzione”.
Correnti di pensiero:
La scuola britannica delle relazioni oggettuali, con Winnicott e Fairbairn in special modo, una teoria che muove dalla famosa affermazione di quest’ultimo “La libido non è primariamente orientata alla ricerca del piacere ma alla ricerca dell’oggetto.“
La psicoanalisi relazionale,corrente psicoanalitica nata negli Stati Uniti con, fra gli altri, Sullivan, Fromm e, in particolare, il lavoro di Stephe n Mitchell e la sua definizione ”Un modello relazionale che considera le relazioni con gli altri, e non le pulsioni, l’elemento fondamentale della vita mentale“.
La teoria dell’attaccamento che prende le mosse dai lavori di John Bowlby per il quale nell’infanzia il conseguimento del piacere non avviene attraverso una scarica pulsionale, ma attraverso affetto, amore, protezione, prossimità, cura.
La Psicologia del Sé di Heinz Kohut che, nella centralità data al tema del narcisismo, considerava lo sviluppo e il mantenimento dell’autostima e dell’autocoesione più importanti di sessualità e aggressività.
“L’Orientamento relazionale”, come insieme organizzatore di queste diverse teorie, è il nome proposto da J. R. Greenberg e S. A. Mitchell nel loro libro “Le relazioni oggettuali nella teoria psicoanalitica” (Ed. Il Mulino, 1986) che insieme con l’altro scritto di Mitchell “Gli orientamenti relazionali in psicoanalisi per un modello integrato” (Ed. Bollati Boringhieri, 1993), costituisce un punto di riferimento fondamentale per comprendere le basi teorico-tecniche di questa prospettiva.
La Psicoterapia esistenziale, nella concettualizzazione di Irvin D. Yalom, come approccio dinamico focalizzato sulle preoccupazioni ultime radicate nell’esistenza dell’individuo: la morte, la libertà, l’isolamento e l’assenza di senso.
4. Unicità della persona
Per noi dire persona è dire unicità, indivisibilità, libertà, responsabilità, volontà. É anche dire pensiero, spirito, anima. È dire di un fine, non di un mezzo, di un’entità che permane identica nella complessità, nella mutevolezza, nel cambiamento. È un’entità che si sottrae a qualsiasi definizione chiusa, concreta, dimostrabile e argomentabile non solo con il linguaggio scientifico ma, anche, con quello filosofico. La persona afferma la sua unicità anche attraverso il problema clinico che porta.
- SINTOMO: è considerabile come “segno” che esprime autenticità e soggettività; Il sintomo è una modalità di comunicazione, una comunicazione simbolica che ha un senso in riferimento al disturbo che nasce dal conflitto tra i desideri del soggetto e i desideri degli altri. La malattia come forma di soggettività (F. Fornari: Scritti scelti, Ed. Raffaelo Cortina, 2011).
- DIAGNOSI: Diagnosi come comprensione del problema clinico che ci troviamo davanti; diagnosi come riconoscimento delle trame co-transferali in cui sono intrecciati paziente e curante; diagnosi come capacità di ascoltare, cogliere e capire la domanda del paziente, sia sul piano lessicale, che su quello più profondo (E. Santirocco, Il problema della diagnosi nella terapia psicoanalitica).
5. Unicità del terapeuta
Fondiamo la figura del terapeuta prima di tutto sul suo statuto di persona. Per questo il terapeuta, per noi, dovrebbe saper svolgere e vivere il suo lavoro con spirito non specialistico, evitando chiusure e atteggiamenti di enfatizzazione delle differenze e delle diversità oltre il necessario e l’inevitabile. Pensiamo che in fatto di tecnica, teoria e metodo, ogni terapeuta debba umilmente costruirsi la propria unica posizione.
In estrema sintesi: nel mettere in atto una condotta terapeutica finalizzata alla salute del paziente, il terapeuta può contare solo su se stesso nello scegliere ogni volta tra risposta buona o cattiva, giusta o ingiusta, sana o malata. In questo consiste la sua responsabilità, in questo consiste la testimonianza offerta al paziente per promuovere in lui un’analoga capacità. Lo status del terapeuta viene radicalmente cambiato, dovendo egli trasferire e applicare a se stesso, anziché all’altro, tutto ciò che intendiamo per cura. (S. Erba, La struttura della relazione terapeutica)
6. Unicità della relazione
Crediamo che il processo di conoscenza in analisi derivi dall’effetto creativo che prende vita dall’incontro tra il terapeuta e il paziente e non dal sapere dell’analista sul paziente. La diade terapeutica si definisce quindi in termini intersoggettivi che assegnano un carattere di reciprocità e di unicità al processo terapeutico, prevalentemente inconscio, nel quale entrambi i partecipanti sono sempre coinvolti e in influenza reciproca. Quindi la terapia si configura essenzialmente quale storia di una relazione, di un lavoro a due in cui si costruisce e si narra insieme.
- FIFTY-FIFTY: Questo intendo per fifty-fifty, che gli ambiti di responsabilità del terapeuta e del paziente siano definiti sulla base della parità e della reciprocità che intercorre tra gli esseri umani considerati persone, la cui unicità, originalità. Irripetibilità, ciò che li differenzia dall’essere solo individui e soggetti, è il fatto di essere titolari liberi ed esclusivi della responsabilità delle proprie intenzioni e delle proprie scelte rispetto a tutto quanto concerne la realizzazione dei propri bisogni e dei propri desideri (S. Erba, Fifty Fifty e la questione della diagnosi)
- SIMMETRIA / ASIMMETRIA: Le relazioni terapeutiche si svolgono all’insegna dell’asimmetria di ruolo e della reciprocità e pariteticità umana delle persone che vi sono coinvolte. Terapeuta e paziente condividono lo status di persone, e tutte le differenze di natura oggettiva e soggettiva che intercorrono tra di loro (l’età, il grado di maturazione umana, il livello di sofferenza, i valori di riferimento, ecc.) non intaccano il principio della parità e della reciprocità in fatto di libertà e responsabilità di sé. Ciò che differenzia le due figure è la posizione occupata: d’autorità quella del terapeuta, di bisogno, di richiesta d’aiuto, di dipendenza, quella del paziente. Come su un piano inclinato è la differenza di livello a determinare il movimento di un oggetto così il processo (la vita, l’apertura, il movimento) della relazione terapeutica è tenuto vivo dal dislivello dei due ruoli (con la differenza che nella relazione terapeutica il movimento è dal basso verso l’alto). (S. Erba, La struttura della relazione terapeutica)
7. Libertà e responsabilità del paziente
La libertà di portare la propria la domanda ad un terapeuta non rende delegabile la responsabilità del paziente rispetto a Sé, alla propria vita, alla cura del proprio funzionamento personale e alla ricerca di se stesso, neppure durante il precorso terapeutico.
La domanda di aiuto va considerata malata per definizione. Il fatto stesso di attribuire a un altro (il terapeuta) la competenza sulla propria vita e sulla propria salute indica la “malattia” del paziente. Rispondendo (accogliendolo) a questo investimento illusorio ed entrando in relazione col paziente, il terapeuta lo accompagnerà a riconoscere le vicende profonde e antiche che hanno prodotto questa malattia, a riconciliarsi con esse e ad accettare realisticamente i limiti e le potenzialità del presente. La domanda viene prima della risposta; domanda e risposta stanno in rapporto fifty-fifty; la risposta è sulla domanda, non alla domanda. ( Erba, La struttura della relazione terapeutica)
8. Libertà e responsabilità del terapeuta
Alla fine del suo percorso formativo il ruolo di curante che il terapeuta assumerà sarà espressione di responsabilità e libertà perché, oltre ad essere una risposta a esigenze oscure e profonde legate alla propria storia personale, sarà anche, e soprattutto, un atto di autonomia e di autolegittimazione pienamente cosciente e intenzionale. Dall’assunzione del ruolo di terapeuta conseguono l’assunzione delle responsabilità implicite nel ruolo stesso, degli attributi e delle funzioni a esso riferibili.
ALCUNI ATTRIBUTI DI RUOLO
- Positività: Il terapeuta svolge una funzione intrinsecamente “ottimistica”;
- Autorità e autorevolezza: capacità accrescitiva che implica consensualità, e diversa dal potere prevaricante;
- Parentalità: il rapporto terapeuta-paziente richiama quello genitore-figlio;
- Adultità: si riferisce all’asimmetria dei ruoli occupati da terapeuta e paziente, che rimangono simmetrici, tuttavia, su un piano interpersonale (vedi approfondimento SIMMETRIA/ASIMMETRIA);
9. Cura della persona
Crediamo che la cura della persona si realizzi dando un senso all'angoscia esistenziale che ci accompagna dalla nascita. Tutto il nostro comportamento, le nostre scelte, le nostre idiosincrasie, le nostre nevrosi, ansie e fobie costituiscono la risposta reattiva all’angoscia primaria, comprese la scienza, l’arte, la religione e la filosofia. La psicoterapia avvia un percorso relazionale che induce il paziente a essere curioso di se stesso per arrivare a sviluppare una propria visione esistenziale, per soggettivarsi, per riconoscere dentro di sé le proprie potenzialità e realizzarle.
- CHE COS’E’ L’ANGOSCIA: L’angoscia è lo stato affettivo primario che segnala il nostro arrivo in questo mondo. La sofferenza del vivere, attraverso il susseguirsi di eventi drammatici (lutti, carenze affettive, traumi), riattiva la sensazione primaria di essere impreparati e abbandonati alla vita. E ciò può indurre uno stato di disperazione che spinge a ricercare lo stato di pace che la precedeva. In tutto ciò, la psicoterapia vuole alleviare l’eccessiva angoscia primaria, orientando l’energia vitale nella direzione dell’adattamento alla realtà, al presente, al qui e ora; permettendo all’Io di vivere l’attesa del ritorno allo stato originario in compagnia di un soddisfacente e personale senso esistenziale. L'angoscia è una conseguenza della nostra condizione biologica: è data dalla coscienza di essere vivi e non può essere placata con una risposta rintracciabile nella biologia. Non si può rispondere all'angoscia propria della coscienza umana facendo ricorso a quelle contromisure che sarebbero sensate a livello biologico. Sostanzialmente l'angoscia consiste nel fatto che si diventa coscienti della propria esistenza terrena e non si ha nessuna sicurezza definitiva sul piano biologico. La consapevolezza fa saltare tutto il quadro delle limitate sicurezze dell'esistenza e apre un campo di infinitezza. Proprio questo è il motivo per cui, per superare l'angoscia, la coscienza umana non avrà che il campo dell'infinito.
- LA CURA DELL’ANGOSCIA: La psicoterapia si propone di alleviare l’eccessiva angoscia esistenziale, accompagnando la persona sofferente ad un progressivo adattamento alla vita, accettandone i limiti e accogliendone le possibilità. Si può superare l’angoscia solo sentendosi responsabili della propria esistenza, importanti per il mondo, in contatto con le parti più profonde della propria psiche, attraverso una forma di incontro, la terapia appunto, che consenta di ritrovarsi e rigenerarsi dall’interno.
10. Cura del terapeuta
Medice cura te ipsum. Consideriamo la pratica della cura come una pratica etica, per questo poniamo l’attenzione soprattutto sulla persona del terapeuta. Riteniamo infatti che non si possa aiutare il paziente senza uno spazio di continua cura del terapeuta. Questo spazio è rappresentato dalla formazione continua, dalla supervisione e dall’analisi personale.
- LA FORMAZIONE PSICOANALITICA, UNA CURA SENZA FINE: Nel rapporto coi “maestri" ai quali si rivolge per imparare il mestiere, il terapeuta viene gradualmente aiutato a capire l’illusorietà del progetto di curare gli altri, e la praticabilità di un percorso finalizzato al riappropriamento di quella capacità di amore adulto, genitale, amore che genera e fa crescere, che nella sua personale vicenda di vita era stato limitato o compromesso. È questa capacità di curare noi stessi che rappresentiamo e testimoniamo nello svolgimento delle nostre relazioni terapeutiche. Si tratta di una cura senza fine, non solo perché non esiste un limite al perfezionamento e all'accrescimento delle proprie capacità di amore, ma anche perché queste capacità sono messe a dura prova dai bisogni dei pazienti, che ci sottopongono a lusinghe e pressioni molto forti per spostarci dal nostro ruolo e trascinarci sul terreno della loro follia. Questa cura è la formazione psicoanalitica, e si capisce perché è interminabile. (La formazione psicoanalitica, Rivista italiana di gruppo analisi, n.2, 2000)
- ANALISI PERSONALE, LA NOSTRA POSIZIONE: Nelle relazioni d’aiuto la capacità professionale è in stretto rapporto con la condizione di benessere ed equilibrio psichico del terapeuta. Essendo risaputo che le ragioni profonde della scelta professionale di fare il terapeuta possono essere legate a carenze e disfunzioni affettive personali, riteniamo fondamentale stimolare la nascita della domanda di un’esperienza analitica personale come parte integrante del percorso formativo.
OrientamentoPsicoanalitico
DirettoreCarmelo Di Prima
Anno di riconoscimento MIUR2003 (cod. 170)
Affiliazione a Società Scientifiche-
IndirizzoVia G. Milani, 12 - 20133 Milano
Sito webwww.ilruoloterapeutico.it
Telefono02.70636457
Fax-
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