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12/05/2017
Il dono nel tempo della crisi. Resoconto della presentazione del libro di Enrico Molinari e Andrea Cavaleri del 04/04/2017
immagine articolo Il dono nel tempo della crisi.
Resoconto della presentazione del libro di Enrico Molinari e Andrea Cavaleri del 04/04/2017
Cosa significa realmente donare? E’ possibile occuparsi di un tema così apparentemente estraneo alla psicologia professionale, e soprattutto così estraneo alle logiche mercantili e burocratiche, che oggi sembrano dominare l’immaginario sociale e informare ogni ambito del nostro vivere quotidiano?

Donare è rivolgerci all’altro, scoprirci, correndo il rischio di essere rifiutati, dunque donare è richiesta di riconoscimento. Chi dona, chiede, chi riceve, nell’accettare, da’.

Il dono è comunque eccedenza, dissimmetria. Non è vero dono la mela d’oro, gettata nel giardino delle Esperidi, che porta nel messaggio un programma univoco e preciso. Non è dono il cavallo di Troia, che porta dentro di sé l’inganno, ed è dunque una truffa, un’illusione, una manipolazione. Questi doni ci fanno pensare più che altro alla corruzione, ad una dimensione profondamente falsata del gesto di donare, dove si gioca su un interlocutore ambiguo, che vogliamo definire a nostro piacimento.

Il libro di questi due psicologi clinici, Enrico Molinari e Pietro Andrea Cavaleri, due accademici di lunga esperienza, interroga ed esamina le varie teorie del dono: da Mauss a Derrida, passando attraverso la filosofia, la psicoanalisi, le teorie dell’evoluzione e del ciclo di vita, la psicologia positiva.

L’ipotesi ardita che propongono è che l’uomo, prodotto relazionale, sia, oltre che predatore, donatore per natura. Fuori da una reciprocità, da un dono di senso, fuori da una relazione con l’altro, l’uomo non può esistere e non può sopravvivere. Il malessere, il disagio psichico, altro non è che mancanza di senso, difficoltà a percepirsi inclusi in una relazione con gli altri che sia ricca di affettività. Del resto, anche la crisi economica, la crisi profonda che attanaglia da oltre dieci anni il mondo occidentale, sembra affondare le radici in un profondo declino valoriale, in una perdita di riferimenti simbolici e in una progressiva svalorizzazione, svilimento dell’umano, a favore della macchina, del calcolo e del profitto.

Chiedere aiuto, quindi, interrogarsi sul proprio malessere, è cercare di riorientarsi rispetto a questo orizzonte valoriale e voler interrogare il proprio rapporto con l’altro. Ogni psicoterapia è approdo solitario, doloroso, in una terra straniera, dove il terapeuta accoglie e valorizza “lo straniero”, che è uno dei “nomi” dell’uomo, offrendogli in dono, oltre che un luogo caldo e confortevole dove ristorarsi, essere ascoltato, anche la possibilità di una nuova narrazione, di un rammendo della propria esistenza, in termini di ricostruzione, co-costruzione, nuova invenzione.

Come Ulisse, al termine del suo viaggio, così anche ogni paziente che approda ad una psicoterapia cerca una pacificazione, ma insieme anche una nuova possibilità di rivisitazione della sua storia, cerca qualcuno che lo aiuti a “vedersi visto”.

Il libro mette insieme la riflessione sull’atto del donare e quello del perdonare. Il perdono, come il dono, implica una dissimmetria, un impossibile da calcolare. Chi chiede perdono sinceramente, lo ha in qualche modo già ottenuto. E’ il perdono di sé, lo scarto, la presa di distanza rispetto al male e a ciò che eravamo quando lo abbiamo compiuto. Chi lo accorda, a sua volta, non si aspetta nulla; il perdono non cancella il dolore e non fa giustizia. Il perdono è un processo di pacificazione e permette, una volta compiuto, un nuovo inizio sia per la vittima che per il colpevole i quali escono dai loro ruoli cristallizzati e possono guardare oltre.

La serata è stata animata dalla presenza di Don Gino Rigoldi, fondatore di “Comunità Nuova” e cappellano del carcere minorile “Cesare Beccaria”, e dal Presidente dell’associazione “Arcobaleno”, il prof. Ugo Gianazza.

Entrambi i relatori hanno preso spunto dal libro, per parlare della loro personale esperienza, del loro impegno civile, gratuito ma tenace, nella città di Milano.

Il dott. Gianazza, insieme ad altri amici, ha contribuito a fondare a Milano la più grande scuola per stranieri della città, una realtà che forma molte centinaia di persone ogni anno. La scuola, situata presso una grande parrocchia del quartiere Porta Genova, ha cominciato nei primi anni ’80, quasi per caso, ad occuparsi di accoglienza di studenti stranieri. A partire da una partita di calcio “Israele - Palestina”, che si annunciava drammatica, e che invece fu occasione di disgelo, nacque il progetto di far giocare insieme, di far allenare, giovani di diverse nazionalità. Dallo sport, si passò all’insegnamento della lingua, veicolo di integrazione. L’appartenere, come studenti, all’istituto Arcobaleno, dava diritto ad una tessera di riconoscimento, un piccolo foglio di carta con un nome, una fotografia, qualcosa che somigliava all’agognato permesso di soggiorno, al documento di riconoscimento. Non lo era, ma ne divenne l’anticamera. Gli studenti, di tutte le età, muniti di quel piccolo tesserino, di quel precipitato identitario, ottenevano lo sconto per viaggiare sui mezzi ATM e quel potersi riconoscere e mescolare sui tram, cittadini fra i cittadini, era presto diventato di buon auspicio. Un primo passo verso il riconoscimento legale, e rituale, del passaporto.

E ancora, tante sono le storie che Gianazza e Don Rogodi hanno raccontato. Tante le associazioni che, come clinici, abbiamo potuto fare. La mente è andata ai piccoli doni, segni di profonda riconoscenza, ricevuti dai nostri pazienti al termine dei percorsi, doni a volte incomprensibili, enigmatici o persino ingombranti.

Ma ciò che più fortemente è risuonato, è stato il monito a non cedere, a non rinunciare a questo orizzonte valoriale nel nostro lavoro di tutti i giorni. La psicoterapia ha senso se aiuta le persone a rimettersi in sintonia con il loro orizzonte, con il loro progetto di vita. Ogni psicoterapia è un’operazione etica, estetica e politica, e non un intervento ortopedico o di adattamento al sociale. Ogni intervento restituisce senso, dona e costruisce una nuova storia; se questo riorientamento avviene, si produce bellezza, armonia, pacificazione, e ogni persona così restituita alla società, è una ricchezza perché sarà una persona meno manipolabile, meno propensa a fuggire nel consumo o nel cinismo.

Al termine della serata, ci siamo lasciati, con l’autore e i discussant, con l’intento di ripetere l’appuntamento sul dono, ogni anno, poco prima della Pasqua. Un appuntamento periodico, quindi, che a partire da un libro, testimoni dell’impegno civile degli psicologi, del loro collegamento con le realtà vive del terzo settore, impegnate in prima linea, in un lavoro di dono che non è sacrificio, non è necessariamente professione di fede, ma è impegno nella costruzione di senso, di bellezza e di legame comunitario e partecipato.
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