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21/09/2016
Le origini del denaro e della moneta: psicoanalisi e denaro, il lavoro di Fabio Benini
Le presentazioni di libri, alla Casa della Psicologia, sono ripartite dal libro di Fabio Benini, psicoanalista SPI, sul tema delle origini del denaro e della moneta. Un libro complesso, certamente di non facile lettura, che entra “a gamba tesa” nella dogmatica psicoanalitica, e documenta minuziosamente una verità scomoda: non esiste, filologicamente e storicamente, alcuna connessione fra denaro e “sterco del diavolo”. L’analogia, la continuità fra oggetto anale e denaro, si appoggia, nella teoria freudiana, al substrato storico-religioso, che avrebbe individuato una divinità infera (Ma Man, Mammona, nel vangelo di Matteo), le cui deiezioni sono oro, o denaro, per traslazione. Molta iconografia medievale e rinascimentale, documenta questo tipo di accostamento.
La lettura di Benini, ci porta invece a individuare il punto di inciampo, in cui queste traduzioni e queste traslazioni incontrano un lapsus, un equivoco, un fraintendimento, che si è trascinato, da Babilonia, attraverso tutto il mondo cristiano, fino al protestantesimo, arrivando a Freud.
Il famoso passo evangelico di Matteo, in cui l’evangelista fa dire a Gesù che “non si può servire contemporaneamente Dio e Mammona”, non metterebbe in contrapposizione, in tensione, Dio e il Denaro, Dio e il Potere materiale, Dio e la ricchezza, bensì si tratterebbe di vedere, di leggere in questo suono, in questo nome, non la divinità infera inesistente, bensì l’insieme delle leggi ebraiche, legate al risarcimento del danno (“occhio per occhio”, per esempio), se lette in modo capzioso e razionalizzante. Dunque è una legge perversa, una legge “immaginarizzata”, quella che Gesù prende di mira, e non l’oro ni quanto tale.
Nel Vangelo, del resto, sono molto frequenti i passi in cui Gesù se la prende con i farisei, con un’interpretazione formalistica della fede e del rapporto con la divinità.
Una volta fatto questo primo passo, e volendo accettare dunque l’ipotesi di Benini, il passo successivo è quello di interrogarsi sulla possibilità di spostare, psicoanaliticamente parlando, l’oggetto “denaro”, dalla dimensione anale (ambivalente, equivoca, sicuramente legata alla logica relazionale e al dono, ma sempre oggetto pre-genitale e svilito: “vile denaro”) alla dimensione fallica, o meglio, genitale.
Le ricerche di Benini portano a considerare che la prima moneta adottata dal genere umano, dopo il superamento del baratto, è una misura e un peso direttamente connesso al prepuzio. A quella “libbra di carne”, che segna il prezzo reale, in carne e sangue, pagata dal soggetto per entrare nella dimensione simbolica, nella Re-ligione, nel legame con il divino.
Dunque il denaro, come superamento del dono e del baratto, precursori fondamentali, ma che non renderebbero conto della differenza irriducibile, che solo la soggettività umana e gli aspetti prettamente simbolici dello scambio, possono mettere in campo.
Denaro quindi, come oggetto legato all’acquisizione della dimensione genitale, oggetto fallico per eccellenza, e non “oggetto-scarto”.
L’equivoco che la cultura cristiana si è trascinato dietro, secondo Benini, è stato foriero di molte conseguenze, sulle quali qui non è possibile soffermarsi, ma che chiamano in causa non solo la clinica psicoanalitica e i suoi aspetti di cornice (onorari, modalità di contrattazione ecc.), ma anche aspetti della contemporaneità.
Il dibattito, molto interessante, ha messo in luce la possibile continuità fra lettura “classica” e la lettura offerta da Benini, dal momento che l’aspetti fallico, simbolico, della ricchezza, ha sempre avuto comunque un suo diritto di cittadinanza, nella clinica e nella teoria psicoanalitica. D'altronde, la filosofa Laura Pigozzi ha messo in luce come l’ambivalenza faccia parte in generale dell’approccio umano alle cose, in quanto abita il linguaggio. Il dott. Merlini ha sottolineato l’interesse per un approfondimento della dialettica dono-pagamento, rinforzando la necessità di distinguere questi due diversi modi di stare in relazione con gli oggetti. Tali modalità di essere in relazione con la gratuità, con il dono, o con la capacità di investire, farsi pagare, gestire relazioni di scambio, è molto evidente in molti pazienti. Alcuno donano, in una logica anche sacrificale, mentre altri restano incapaci di una dimensione oblativa. Altri, sono invece catturati e prigionieri di una logica di accumulazione, o di deprivazione (debito).
Il dibattito si è concluso con un brindisi augurale, donato e offerto dall’autore, per le attività che riprendono, dopo la pausa estiva.
La lettura di Benini, ci porta invece a individuare il punto di inciampo, in cui queste traduzioni e queste traslazioni incontrano un lapsus, un equivoco, un fraintendimento, che si è trascinato, da Babilonia, attraverso tutto il mondo cristiano, fino al protestantesimo, arrivando a Freud.
Il famoso passo evangelico di Matteo, in cui l’evangelista fa dire a Gesù che “non si può servire contemporaneamente Dio e Mammona”, non metterebbe in contrapposizione, in tensione, Dio e il Denaro, Dio e il Potere materiale, Dio e la ricchezza, bensì si tratterebbe di vedere, di leggere in questo suono, in questo nome, non la divinità infera inesistente, bensì l’insieme delle leggi ebraiche, legate al risarcimento del danno (“occhio per occhio”, per esempio), se lette in modo capzioso e razionalizzante. Dunque è una legge perversa, una legge “immaginarizzata”, quella che Gesù prende di mira, e non l’oro ni quanto tale.
Nel Vangelo, del resto, sono molto frequenti i passi in cui Gesù se la prende con i farisei, con un’interpretazione formalistica della fede e del rapporto con la divinità.
Una volta fatto questo primo passo, e volendo accettare dunque l’ipotesi di Benini, il passo successivo è quello di interrogarsi sulla possibilità di spostare, psicoanaliticamente parlando, l’oggetto “denaro”, dalla dimensione anale (ambivalente, equivoca, sicuramente legata alla logica relazionale e al dono, ma sempre oggetto pre-genitale e svilito: “vile denaro”) alla dimensione fallica, o meglio, genitale.
Le ricerche di Benini portano a considerare che la prima moneta adottata dal genere umano, dopo il superamento del baratto, è una misura e un peso direttamente connesso al prepuzio. A quella “libbra di carne”, che segna il prezzo reale, in carne e sangue, pagata dal soggetto per entrare nella dimensione simbolica, nella Re-ligione, nel legame con il divino.
Dunque il denaro, come superamento del dono e del baratto, precursori fondamentali, ma che non renderebbero conto della differenza irriducibile, che solo la soggettività umana e gli aspetti prettamente simbolici dello scambio, possono mettere in campo.
Denaro quindi, come oggetto legato all’acquisizione della dimensione genitale, oggetto fallico per eccellenza, e non “oggetto-scarto”.
L’equivoco che la cultura cristiana si è trascinato dietro, secondo Benini, è stato foriero di molte conseguenze, sulle quali qui non è possibile soffermarsi, ma che chiamano in causa non solo la clinica psicoanalitica e i suoi aspetti di cornice (onorari, modalità di contrattazione ecc.), ma anche aspetti della contemporaneità.
Il dibattito, molto interessante, ha messo in luce la possibile continuità fra lettura “classica” e la lettura offerta da Benini, dal momento che l’aspetti fallico, simbolico, della ricchezza, ha sempre avuto comunque un suo diritto di cittadinanza, nella clinica e nella teoria psicoanalitica. D'altronde, la filosofa Laura Pigozzi ha messo in luce come l’ambivalenza faccia parte in generale dell’approccio umano alle cose, in quanto abita il linguaggio. Il dott. Merlini ha sottolineato l’interesse per un approfondimento della dialettica dono-pagamento, rinforzando la necessità di distinguere questi due diversi modi di stare in relazione con gli oggetti. Tali modalità di essere in relazione con la gratuità, con il dono, o con la capacità di investire, farsi pagare, gestire relazioni di scambio, è molto evidente in molti pazienti. Alcuno donano, in una logica anche sacrificale, mentre altri restano incapaci di una dimensione oblativa. Altri, sono invece catturati e prigionieri di una logica di accumulazione, o di deprivazione (debito).
Il dibattito si è concluso con un brindisi augurale, donato e offerto dall’autore, per le attività che riprendono, dopo la pausa estiva.
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Relazione di Giulia Remorino Ibry
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