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27/07/2016
Scandalo Bellodi, una triste vicenda che non si chiude

In sintesi, la vicenda nasce da una escalation di sorprendenti dichiarazioni – nel quadro di un articolo sugli attacchi di panico – in cui la prof.ssa Bellodi risultava aver associato la professione psicologica ad un rimedio ‘fai da te’, sostenendo che la scelta di affidarsi allo psicologo sarebbe assimilabile a ‘rivolgersi a un prete o alla propria shampista’, ‘lo psicologo disorienta’, ‘non fa diagnosi’.
Non crediamo sia necessario, in questa sede, tornare a sottolineare l’inconsistenza scientifica, professionale e deontologica di queste affermazioni, a cui hanno ovviamente fatto seguito reazioni di incredulità, biasimo, irritazione e dispiacere da parte degli oltre 16.000 psicologi lombardi e della intera comunità di 90.000 professionisti attivi sul territorio nazionale.
Come Ordine degli Psicologi della Lombardia, ci siamo fatti portatori del disappunto legato ai contenuti ivi espressi. A più riprese, abbiamo richiesto una presa di distanza inequivocabile rispetto ai contenuti dell’articolo, attraverso una rettifica pubblica. Non solo, abbiamo messo a disposizione uno spazio sul sito web di OPL, in cui puntualizzare come le dichiarazioni riprese fossero errate e inammissibili. Queste legittime richieste sono, tuttavia, sfociate in un curioso slittamento della querelle dal merito delle affermazioni al piano delle competenze e del ruolo professionale della professoressa presso l’Università Vita Salute del San Raffaele e alla supposta buona fede del giornalista firmatario dell’intervista.
Su questo fronte, tengo a precisare che l’istituzione ordinistica che rappresento ha sempre attribuito l’articolo a incomprensioni e fraintendimenti, legati a dinamiche estranee alla comprovata competenza della professoressa. Che mai abbiamo inteso accusare a livello professionale o personale e che sempre ci siamo attenuti a contestare le argomentazioni su un piano di merito. Le eventuali contestazioni di metodo restano estranee all’interesse dell’Ordine e si rimandano al rapporto privato fra i gestori della testate, il giornalista coinvolto e la professoressa Bellodi.
Purtroppo, anche a valle di un incontro con i vertici dell’Università e di reiterate richieste, dobbiamo constatare che, ad oggi, la nostra serena e dovuta posizione istituzionale è rimasta incompresa.
I contenuti non sono stati mai realmente negati nel merito e la vicenda rimane e rimarrà, a nostro parere, aperta e irrisolta per il futuro.
Un epilogo “amaro” che si configura come uno smacco alla professione psicologica e una ferita all’immagine della nostra professione e di chi, per professione, ha la responsabilità di formare i futuri colleghi.
File e link correlati
Leggi tutto il riepilogo del caso Bellodi
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