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Torna all'elenco30/01/2017
Presentazione del libro di Paolo Chiari, "La via milanese alla psicoanalisi" del 18 gennaio
La via milanese alla psicoanalisi. 50 anni di storia della SPI milanese alla Casa della Psicologia
Presentazione del libro di Paolo Chiari, edito da Jaca Book. 18.01.2017
Le serate di presentazione libri riprendono, con il nuovo anno, ospitando la riflessione sul percorso storico della psicoanalisi milanese.
Il Centro Cesare Musatti, intitolato al fondatore nel 1989, rappresenta un esempio singolare, in un contesto associativo, come quello psicoanalitico, segnato da scissioni, divergenze, fondazioni e rifondazioni.
Cosa ha determinato questo particolare “stile”, questo approccio alla psicoanalisi proprio della comunità psicoanalitica milanese?
Da questo interrogativo sono partiti i numerosi relatori che hanno preso parte alla serata di presentazione del libro, libro di storia, storia di un’istituzione, storia di persone che si sono avvicendate e che cercano di non disperdere l’eredità dei Maestri, senza imbalsamarli e senza conformarsi ad un unico pensiero.
L’immagine di Freud, che nel bellissimo fotomontaggio della locandina, cerca di scrutare incuriosito dalle vetrate esterne del Centro, dice già di un approccio al passato che è insieme rigoroso e lieve.
Dal 1940 al 1989, il Centro ha visto l’avvicendarsi di maestri e di pensieri fra loro molto differenti, pur nella loro grandezza, psicoanalisti che si rifacevano a correnti internazionali le più varie. Il mondo anglosassone, con Bion e Winnicott, il pensiero kleiniano, la psicoanalisi francese, restia a misurarsi con la cultura d’oltralpe. Questa varietà, e anche gli stili certo non omologabili di autentici geni, quali sicuramente furono Facchinelli e Fornari, per citare solo i maggiori epigoni, non portarono, tuttavia, a scissioni o rifondazioni.
Il centro di gravità, il fattore di attrazione che la Comunità Milanese, la Casa, intesa come origine comune e comune riferimento, più che come luogo claustrofobico e chiuso, ha sempre fatto tenuta, rimanendo per i colleghi in formazione e per i maestri, un punto di riferimento e di ritorno.
Cosa ha favorito, cosa ha permesso di tenere bassa l’aggressività immaginaria, la competizione fra i fratelli? Forse il posto vuoto, assegnato già da Musatti alla posizione paterna, prova a rispondere Anna Ferruta, in un delicato ricordo del fondatore, che riflette sul suo parricidio.
Musatti, traduttore di Freud (oggi peraltro anche il suo lavoro viene rivisitato, con lo scadere dei diritti editoriali), conosce il debito simbolico che porta nei confronti dei predecessori, e racconta dell’impatto che il suicidio di Benussi, difficile da trasmettere e da interiorizzare, ha avuto sul suo destino di accademico. Un parricidio, in qualche modo realizzatosi, che attualizza e mette nel reale le pulsioni aggressive del figlio, messe in scena dalla partita a scacchi, giocata con “vera cattiveria”, come aveva avuto modo di notare sia il padre biologico di Musatti, che, appunto, il suo maestro Benussi. Un parricidio, dunque, né voluto né casuale, semplicemente inevitabile, interrogato e condiviso, in alcune tardive riflessioni dal fondatore del circolo milanese.
Un punto di autorità, un luogo dell’autorevolezza, tenuto sufficientemente vuoto, per permettere al dialogo fra gli analisti di strutturarsi non attorno ai “sacri testi”, o alle ossa degli avi, da custodire in un luogo sacro, bensì attorno alla ricerca, al desiderio di sapere, di interrogare la realtà complessa e sempre in mutamento della clinica contemporanea.
I laboratori, quindi, diventano i veri luoghi di incontro, di apprendimento e di scambio. Il lavoro con i bambini, il lavoro con la psicosi e lo scambio con le istituzioni, il lavoro, oggi attualissimo, con i migranti e la profonda sofferenza di cui sono portatori, oltre alla minaccia della ricomparsa di quella indifferenza che è stata alla base degli orrori del secolo breve.
Il Centro Cesare Musatti ospita oggi una delle biblioteche più importanti del settore psicoanalitico in Italia, con oltre 4.400 volumi e 90 riviste specializzate, ed è intitolata a Franco Fornari.
Presentazione del libro di Paolo Chiari, edito da Jaca Book. 18.01.2017
Le serate di presentazione libri riprendono, con il nuovo anno, ospitando la riflessione sul percorso storico della psicoanalisi milanese.
Il Centro Cesare Musatti, intitolato al fondatore nel 1989, rappresenta un esempio singolare, in un contesto associativo, come quello psicoanalitico, segnato da scissioni, divergenze, fondazioni e rifondazioni.
Cosa ha determinato questo particolare “stile”, questo approccio alla psicoanalisi proprio della comunità psicoanalitica milanese?
Da questo interrogativo sono partiti i numerosi relatori che hanno preso parte alla serata di presentazione del libro, libro di storia, storia di un’istituzione, storia di persone che si sono avvicendate e che cercano di non disperdere l’eredità dei Maestri, senza imbalsamarli e senza conformarsi ad un unico pensiero.
L’immagine di Freud, che nel bellissimo fotomontaggio della locandina, cerca di scrutare incuriosito dalle vetrate esterne del Centro, dice già di un approccio al passato che è insieme rigoroso e lieve.
Dal 1940 al 1989, il Centro ha visto l’avvicendarsi di maestri e di pensieri fra loro molto differenti, pur nella loro grandezza, psicoanalisti che si rifacevano a correnti internazionali le più varie. Il mondo anglosassone, con Bion e Winnicott, il pensiero kleiniano, la psicoanalisi francese, restia a misurarsi con la cultura d’oltralpe. Questa varietà, e anche gli stili certo non omologabili di autentici geni, quali sicuramente furono Facchinelli e Fornari, per citare solo i maggiori epigoni, non portarono, tuttavia, a scissioni o rifondazioni.
Il centro di gravità, il fattore di attrazione che la Comunità Milanese, la Casa, intesa come origine comune e comune riferimento, più che come luogo claustrofobico e chiuso, ha sempre fatto tenuta, rimanendo per i colleghi in formazione e per i maestri, un punto di riferimento e di ritorno.
Cosa ha favorito, cosa ha permesso di tenere bassa l’aggressività immaginaria, la competizione fra i fratelli? Forse il posto vuoto, assegnato già da Musatti alla posizione paterna, prova a rispondere Anna Ferruta, in un delicato ricordo del fondatore, che riflette sul suo parricidio.
Musatti, traduttore di Freud (oggi peraltro anche il suo lavoro viene rivisitato, con lo scadere dei diritti editoriali), conosce il debito simbolico che porta nei confronti dei predecessori, e racconta dell’impatto che il suicidio di Benussi, difficile da trasmettere e da interiorizzare, ha avuto sul suo destino di accademico. Un parricidio, in qualche modo realizzatosi, che attualizza e mette nel reale le pulsioni aggressive del figlio, messe in scena dalla partita a scacchi, giocata con “vera cattiveria”, come aveva avuto modo di notare sia il padre biologico di Musatti, che, appunto, il suo maestro Benussi. Un parricidio, dunque, né voluto né casuale, semplicemente inevitabile, interrogato e condiviso, in alcune tardive riflessioni dal fondatore del circolo milanese.
Un punto di autorità, un luogo dell’autorevolezza, tenuto sufficientemente vuoto, per permettere al dialogo fra gli analisti di strutturarsi non attorno ai “sacri testi”, o alle ossa degli avi, da custodire in un luogo sacro, bensì attorno alla ricerca, al desiderio di sapere, di interrogare la realtà complessa e sempre in mutamento della clinica contemporanea.
I laboratori, quindi, diventano i veri luoghi di incontro, di apprendimento e di scambio. Il lavoro con i bambini, il lavoro con la psicosi e lo scambio con le istituzioni, il lavoro, oggi attualissimo, con i migranti e la profonda sofferenza di cui sono portatori, oltre alla minaccia della ricomparsa di quella indifferenza che è stata alla base degli orrori del secolo breve.
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